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Comunicare il vino dopo il coronavirus

È il momento di fare spazio ad un modo di comunicare il vino più evoluto, sopratutto in questo momento di forte crisi economica, ma anche sociale.

La situazione che stiamo vivendo dovrebbe insegnarci che la comunione d’intenti, la solidarietà reciproca o semplicemente il dovere di cronaca obiettivo e reale potrebbero benissimo far parte della professionalità di ognuno. Questi valori dovrebbero stare al passo della competenza in materia: ho sempre pensato che sia meglio tacere e far bella figura quando non si conosce un argomento, piuttosto che parlare a sproposito giusto per farsi bello di fronte agli altri.

La comunicazione 2.0 ha dimostrato come sia di moda parlare tanto per dire e che comunicare il vino possa essere fatto da chiunque, aldilà dell’effettiva capacità e competenza di analizzare l’argomento. Faccio un esempio che si comprende subito: se negli ospedali non ci fossero medici preparati ma persone qualunque, come potremmo superare l’emergenza che stiamo vivendo?

Lo stesso dovrebbe valere quando si parla di vino. Lo vorrei come rispetto dei due poli più deboli nella comunicazione odierna: le aziende produttrici ed i clienti finali. Meritano un modo di comunicare il vino più attento e responsabile: le aziende spesso pagano o investono su chi comunica, mentre il cliente si aspetta consigli competenti, obiettivi e che lo aiutino nella scelta del vino migliore.

 

Comunicare il vino sui social e online dopo il coronavirus

 

Scenari dell’attuale comunicazione del vino sui social

Vedo molta “fuffa” nella comunicazione social, sopratutto su Instagram, network di riferimento della vita da smartphone di una buona fetta di utenti digitali. Da quando il vino ha assunto su di sè connotazioni glamour e social, si sono aperti diversi scenari nella comunicazione: alcuni sono costruttivi, altri più approssimativi e di bassa lega.

Chi produce vino sta vivendo una situazione anomala e mai vista prima: non si sta parlando dell’ambiente che mette i bastoni tra le ruote come spesso si è visto. Ora è diverso, ci sono in gioco le vite di migliaia di viticoltori che vedono sfumare sotto mano la storia della propria azienda, fagocitata da una crisi economica-sanitaria imprevedibile e mai vista negli ultimi decenni.

Spero che la situazione di emergenza che stiamo vivendo insegni a comunicare il vino in modo più onesto, limpido e professionale. Ci riusciranno le centinaia di profili social che puntano sul nulla per parlare e rivolgersi ai loro fantomatici follower?

 

Social: il nuovo modo di comunicare il vino online

 

Gli opportunisti dei social ci mettono del loro per confondere le idee

In mezzo a tutto ciò cosa combinano sui social questi opportunisti? Si va dal nulla condito da post auto celebrativi o di sfarzo di grandi bottiglie ( come se i grandi produttori avessero bisogno del #winelover di turno per farsi conoscere ), oppure post visibilmente taroccati e falsi in cui si conta sugli “amici del muretto” per crescere.

Ovviamente non sto parlando delle giornate o serate degli anni 80 e 90 seduti sul muretto del quartiere, ma dei vari gruppi Instagram e Telegram che aiutano molti utenti ad aumentare like e commenti delle proprie foto, a volte anche con decine o centinaia di commenti.

Ognuno che appartiene “alla setta del commento” pubblica un post e poi comunica ai suoi compari l’avvenuta pubblicazione, scrivendo all’interno dei vari ( qualcuno o decine ) gruppi in cui è iscritto, dentro e fuori Instagram. Cosa succede dopo? Arrivano in poco tempo like, commenti pseudo inutili e condivisioni che fanno alzare l’audience del post e di conseguenza la visibilità dell’account che pubblica. Bel gioco vero?

Il problema è frequente e dentro alle sue esternazioni vi cadono decine o centinaia di aziende vinicole che, magari con poca conoscenza del mondo social, credono che un alto numero di follower, like e commenti testimonino chi sia il cavallo vincente su cui puntare.

Questi stessi sciacalli della social visibility inviano richieste di campionature alle aziende, in modo da avere vini gratis da mostrare sugli account o da fotografare nelle finte situazioni modaiole casalinghe, raccontandone le caratteristiche in modo del tutto approssimativo e mancante di ogni cognizione di causa.

Sopratutto oggi è opportuno supportare le aziende vinicole. Molte non sono presenti sulle piattaforme digitali, oppure non sanno usare i social in modo corretto. Non tutte hanno budget per affidarsi ad un’agenzia specializzata, per cui stringere collaborazioni con giornalisti, blogger e influencer potrebbe essere la strada giusta.

Il problema è quando arrivano richieste assurde alle aziende vinicole da parte di vari #wineinfluencer! Ci sono personaggi che hanno un buon seguito su Instagram e che si propongono per fare post, storie o articoli ( a detta loro ), chiedono fior di quattrini per farlo. Proprio in questi giorni ho sentito di un fantomatico influencer dell’emerito nulla ( pur avendo svariate decine di follower ) che ha chiesto circa 1000€ per parlare del vino di un’azienda nella sua pagina.

Ho avuto la fortuna di sapere chi sia e sono rimasto scioccato! Se guardi la sua pagina Instagram ed hai un minimo di conoscenza di vino, ti rendi subito conto del bassissimo livello di qualità dei suoi contenuti. Eppure credi che nessuna cantina vinicola sia cascata o possa cascare nel suo tranello? Purtroppo si, è questo il problema!

 

Comunicare il vino al tempo del coronavirus

 

Quale dovrebbe essere il ruolo di giornalisti, blogger ed influencer?

I comunicatori che si occupano e parlano di vino hanno un ruolo fondamentale, oggi più che mai. Nel momento del bisogno ci sono state iniziative lodevoli e di buon impatto, come quella dei ragazzi di Cantina Social oppure come quella dell’azienda vinicola Cà du Ferrà di Bonassola, di cui sono stato testimone nelle scorse settimane. Quindi ti aspetti suggerimenti? Va bene, eccoli:

  • Serve maggiore trasparenza nella comunicazione del vino: bisogna che sia chiaro quando un giornalista, un blogger o un influencer è pagato per fare post o scrivere un articolo.
  • È necessario più rispetto per il lavoro di ogni azienda vinicola, sopratutto quando si giudicano i loro prodotti: mi è capitato di leggere recensioni, punteggi ed elucubrazioni mentali davvero di basso profilo. Ma fate davvero? E chi vi credete per dare sentenze?
  • Chi parla di vino dovrebbe formarsi e studiare l’argomento, in modo da non confondere le idee ai seguaci stessi. Non sempre chi ha tanto seguito, ha la stessa competenza del numero di follower.
  • Pensare più alla sostanza che alla forma: il vino è un prodotto della terra e non un capo di abbigliamento! Nella moda si può dare importanza sopratutto all’effimero, ma ricordiamoci che una bottiglia di vino non viene creata a macchina come una borsetta da donna!
  • Serve un pò di passione in più ogni tanto, anziché i soliti post o storie in cui si pensa solo a farsi vedere belli, fighi e business oriented!

 

Deve cambiare l’atteggiamento ed il modo di comunicare il vino: oggi o mai più!

Ai giornalisti dico di non prendersela più con i blogger, categoria a cui anch’io appartengo. Non è il fatto di avere o di non avere un tesserino d’iscrizione ad un albo professionale che permette di essere migliori. Anche tra i giornalisti ci sono persone competenti ed altre che non c’hanno mai capito nulla o quasi: lo stesso si può dire per chi ha un blog, che non conferisce di certo un patentino di idoneità a priori.

Oppure parliamo di ometti o donnine che guardano più al lato fashion e modaiolo che alla sostanza: alcuni puntano sul lato fisico, sull’appariscenza o sul costo dei vestiti od oggetti che portano al polso. Le aziende vinicole dovrebbero capire quale blogger, giornalista o influencer scegliere, in modo da non sprecare soldi, tempo e risorse per aver puntato sul professionista sbagliato, sempre che si tratti di un professionista!

 

di MORRIS LAZZONI

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17 Aprile 2020. © Riproduzione riservata