fbpx

Mi occupo di vino ma non possiedo un’azienda vinicola, per cui posso solo lontanamente immaginare cosa stiano passando migliaia di imprenditori e famiglie sparse in giro per l’Italia in un momento di crisi come questo.

Rivolgo il mio pensiero sopratutto alle aziende vinicole di dimensioni medio/piccole, piuttosto che alle grandi o grandissime cantine del vino italiano. Non faccio discriminazioni, ma penso che una grande azienda vinicola possa avere maggiori armi per affrontare crisi come questa.

Sono i piccoli produttori quelli più in difficoltà, vedendosi preclusa la strada della ristorazione, da sempre punto cardine delle loro vendite. Molti di loro probabilmente non hanno mai avuto accesso al mercato della grande distribuzione, all’online o si trovano da poche settimane a considerare di vitale importanza la consegna del vino al privato cittadino.

In momenti di crisi sono le aziende più piccole a soffrire di più, perché rischiano il proprio capitale, umano e finanziario, che molto spesso coincidono con quello aziendale. Proteggere questa ricchezza significa proteggere la storia e la cultura del vino italiano!

Contatti del blog VinoperPassione

 

Cosa rischiano le aziende vinicole in questa situazione

Prima parlavo di quanto siano a rischio le imprese di medio/piccole dimensioni rispetto a quelle grandi o industriali. Lo penso seriamente e per svariati motivi, come immagino accada anche per altri settori.

RISPARMI DI UNA VITA – Le aziende vinicole di piccola dimensione spesso hanno poche risorse economiche da utilizzare per far fronte alla crisi. Se credi che fare vino faccia diventare ricchi, allora è meglio che ci ripensi. Chi possiede un’azienda vinicola di medio/piccole dimensioni non diventa ricco, ma si fa un grande mazzo per portare avanti la propria attività, sperando che il meteo non rovini tutto il potenziale di un’annata con gelate o grandinate.

CAPITALE NATURALE – Se non ci sono entrate economiche per far fronte alle continue spese di gestione di vigneti e cantina, si rischia di perdere migliaia di ettari vitati. Gestire un vigneto ha dei costi, a volte anche importanti, non solo per impiantarne un nuovo ma anche per accudire quelli già esistenti. Pensa a zolfo, rame, carburante per i mezzi, manutenzione dei trattori e tanto altro.

NUOVE ANNATE – Molte aziende hanno dimensioni molto piccole, anche per gli spazi di cantina, per cui se non si svuotano con le vendite dell’annata in corso, potrebbe non esserci spazio per vendemmiare e stoccare le uve della prossima vendemmia.

Con tutte queste variabili è normale che una piccola cantina possa trovarsi in difficoltà economica. Il mondo della ristorazione è sempre stato il canale di elezione per queste aziende: non sono solo i due o tre mesi di chiusura a precoccupare, ma anche il futuro che verrà. Pensate davvero che i ristoranti ricominceranno fin da subito a lavorare come prima?

Ecco quello che non vorrei vedere nei prossimi mesi

In queste settimane sto parlando con molti viticoltori per capire le scelte che hanno pensato per far fronte alla crisi. Le soluzioni che si sentono sono molte: ne ho voluta riassumere qualcuna, con la speranza che certe di queste scelte non vengano mai attuate.

VENDEMMIA VERDE – Per chi non lo sapesse si tratta di distruggere i grappoli esistenti prima che arrivino alla maturazione idonea per la vendemmia. In pratica è un modo per autolesionarsi e vedersi rimborsare una cifra forfettaria per ogni ettaro su cui si è proceduto. Si salva la parvenza economica dell’azienda ma non l’onore della natura. E se poi si andasse ad indagare su quanto guadagna l’azienda, ci sarebbe da farsi quattro risate.

DISTILLAZIONE – Di solito le cantine mandano alle distillerie le vinacce che derivano dalla vinificazione, qua invece si parla di farlo in funzione della sola distillazione. È una brutta strada che spero non venga intrapresa.

DRASTICA RIDUZIONE DEI PREZZI – Le leggi del mercato spesso sono infallibili per cui, se un prodotto non si vende o si vende male, si ricorre all’abbassamento dei prezzi. Se proprio bisogna cambiare il prezzo, perché non farlo in maniera intelligente? Dopo ne parlo.

DECLASSAMENTO – Forse è la “meno peggio”, nonostante vada comunque ad impattare sull’economia aziendale. Il declassamento consiste nel dare ad un vino una denominazione inferiore: può accadere con un Chianti DOCG che viene denominato Toscana IGT, tanto per fare un esempio. Cambiando la denominazione del vino, cambia anche il suo prezzo finale: è vero che le aziende incassano meno, ma salvano la faccia e la propria immagine rispetto ad altre scelte commerciali.

 

Vista di un vigneto di un'azienda vinicola

 

Provo a dare qualche idea come se avessi io stesso un’azienda vinicola

Scrivo con l’umile volontà di dare un piccolo contributo, attraverso idee e spunti, a chi possiede un’azienda vinicola che oggi sta vivendo momenti di difficoltà. Non conosco come sarà il futuro e non ho la sfera magica: credo però che i prossimi mesi – o forse anno – saranno fondamentali per la sopravvivenza di molte realtà imprenditoriali.

Io stesso mi domando se ci sarà modo di fare consulenza a ristoranti ed enoteche per la creazione di carte dei vini: è la conseguenza di un periodo di crisi economica tangibile anche per le aziende più preparate ed organizzate. Il mondo cambia di continuo ed anche il mondo agricolo e vinicolo devono stare al passo.

 

1- Sito internet ben fatto

Sarà anche un discorso trito e ritrito, ma oggi è il momento di fare il balzo digitale necessario nel 2020. Molte cantine hanno in famiglia nuove leve che potrebbero, dopo un adeguato periodo di studio, aiutare a creare un sito internet ben fatto ( io stesso ho creato da solo questo blog ). Altrimenti ci si può affidare ad agenzie specializzate, ma non è rimandabile per alcun motivo.

Decenni fa la vetrina dell’azienda erano i cartelli stradali, gli annunci sulle Pagine Gialle, i volantini, i depliant e tanti altri strumenti simili. Oggi la vetrina del commercio è il web: se non ci sei, sei quasi tagliato fuori!

 

2 – Presenza sui social costante e di qualità

Potrà sembrare banale consigliare di essere sui social, ma alcune aziende vinicole non sono conosciute, oppure non hanno ancora capito l’importanza dei social. Oggi è di vitale importanza non solo per una vanitosa pretesa di comparizione digitale, ma anche per arrivare ad un maggior numero di clienti o potenziali.

Sui social si trovano i clienti di oggi, ma anche quelli del futuro, oppure si fa arrivare il proprio messaggio in modo più veloce e più lontano di altri canali. Il mondo è connesso ed usando bene le piattaforme digitali si entra in contatto con diverse tipologie di persone, che siano già clienti oppure potenziali.

 

3 – E-commerce

Dal momento che si ha un sito internet oppure lo si va a creare, si può pensare anche ad un e-commerce in cui i visitatori possano acquistare vino ed altri prodotti. Se il sito è ben fatto, metterà sicuramente curiosità e, siccome una delle leve della vendita è di “tenere caldo” il cliente, portare a termine la vendita attraverso l’e-commerce diventa uno strumento imprescindibile e di vitale importanza.

L’e-commerce può tornare utile anche per far ricomprare vino ai clienti che sono venuti a fare una visita in cantina: probabilmente hanno acquistato finita la visita e ciò è già positivo. Ma se volessero ricomprare il tuo vino a distanza di settimane o mesi? Tramite un e-commerce diventa possibile e molto veloce.

Non pensare che possa essere concorrenziale con la tua clientela ( enoteche, ristoranti, winebar, ecc. ): fino a prova contraria tu vignaiolo sei il miglior venditore di te stesso e del tuo vino: se non ci pensi tu a vendere i tuoi prodotti, chi ci dovrebbe pensare?

 

Come gestire un'azienda vinicola dopo il coronavirus

 

4 – Vendita ai privati

Conosco cantine che non hanno contatto con gli acquirenti privati della loro zona. Ogni azienda vinicola dovrebbe “coltivare” il proprio orto commerciale, cioè i comuni limitrofi alla sua sede. Adesso è il momento di creare o potenziare questa tipologia di vendita, creando un semplice corner interno della cantina in cui promuovere la vendita dei propri vini.

Non ti preoccupare di fare concorrenza all’enoteche di zona: intanto sarà difficile che un tuo cliente vada in enoteca a comprare 6 o 12 bottiglie del tuo vino, in più basta fare lo stesso prezzo applicato dall’enoteca. Fine dell’eventuale discussione con loro e con chi compra da te 200€ di vino ogni anno e pretende di avere una sorta di “esclusiva di zona”.

 

5 – Vino da tavola o bag in box

Se proprio hai dubbi sulla possibilità di vendere le nuove annate, perché non pensi di creare Bag in Box da proporre in vari formati? Il Bag in Box è un’ottima alternativa al vino sfuso in damigiana o bottiglia: intanto permette di conservare meglio il vino, oltre ad essere più pratico ed immediato da vendere e da acquistare.

Non voglio dire di spostare tutta la produzione su Bag in Box, però una parte di vino che si crede difficile da vendere in bottiglia potrebbe essere destinata a questa tipologia. Ricorda però di essere credibile anche in questa modalità di vendita: non “sbragare” il prezzo e tienilo giusto in relazione alla qualità che stai offrendo. Il basso prezzo, le logiche di svendita e la bassa valorizzazione del prodotto lasciale a chi lavora in maniera industriale o con bassa qualità.

 

6 – Adotta le logiche di vendita della GDO

Non dico di andare a vendere alla GDO, ma ogni azienda vinicola potrebbe adottare le logiche che si usano per vendere alla grande distribuzione per approcciare distributori, enoteche e, perché no, catene di ristorazione, catering o società di creazione eventi. Negli anni passati nella telefonia mobile vendevo al mondo della grande distribuzione ed ho potuto constatare che ha logiche di funzionamento e parametri propri.

La GDO è in grado di fare grandi fatturati alle aziende che entrano a far parte dei loro fornitori, ma chiedono spesso soldi. Vuoi entrare come fornitore? Paga una fee di ingresso. Vuoi uno spazio espositivo, paga una fee per ogni metro lineare che acquisti. Vuoi partecipare ad un volantino? Paga un contributo di co-marketing per ogni pezzo acquistato, oppure riconosci un contributo sell-out per ogni pezzo venduto.

Alcune tecniche possono essere usate anche per fare accordi con enoteche, ristoranti e catene di ristorazione: basta solo attrezzarsi con inventiva e buona volontà. Hai trovato un’enoteca in ogni zona su cui vuoi puntare? Crea promozioni che facciano aumentare la marginalità dell’enoteca in funzione del quantitativo venduto, oppure paga un contributo una tantum per avere i tuoi vini ben esposti sugli scaffali, oppure ancora stabilisci un riconoscimento economico in base ai vini venduti. Ce ne sono tante di cose da poter fare: i prossimi mesi saranno cruciali per ogni azienda vinicola, per cui meglio prepararsi con soluzioni innovative rispetto a prima.

Adottare la logica di vendita della GDO per vendere vino

 

7 – Crea partnership con enoteche o ristoranti

Molte aziende medio/piccole hanno sofferto per la chiusura del canale horeca: ristoranti ed enoteche sono da anni il punto d’incontro per i vini di qualità e per le aziende vinicole che vogliono conquistare un posto nel cuore degli appassionati.

A volte capitano cose strane: penso a quelle enoteche oppure a quei ristoranti che non hanno mai scommesso sui vini della loro zona, magari snobbandoli a favore di tantissime altre tipologie. Oggi più che mai questa scelta è inaccettabile, anche in conseguenza di una riscoperta del turismo locale come via obbligata fino al 2021.

Il consiglio è di siglare accordi con i ristoranti del posto ed inserire tutta la gamma dei propri vini, trovando una soluzione che possa essere vantaggiosa per entrambi. La cantina guadagna vendendo tutti i propri vini, il ristoratore potrebbe essere incentivato all’acquisto con un contributo economico una tantum, con merce in cambio, oppure riconoscendo premi ed incentivi al personale di sala.

È una pratica che si usava anni fa in telefonia verso gli addetti vendita della grande distribuzione, dando buoni benzina o buoni regalo in funzione del numero di telefoni venduti. Perché non farlo anche con il vino? Crea un incentivo da dare al cameriere in sala: lui venderà sicuramente il tuo vino, facendoti aumentare gli ordinativi del locale mentre il ristoratore aumenterà il proprio fatturato. Insomma tutti vincono e tutti sono contenti.

 

8 – Parla di te: le più grandi multinazionali fanno pubblicità e tu non la vuoi fare?

Potrà sembrarti strano, ma ancora oggi ci sono aziende che non credono nel valore della pubblicità. Qualcuno la snobba, qualcun altro crede addirittura che sia dannosa oppure ha abbandonato l’idea in funzione di precedenti esperienze negative.

Ovviamente ogni azienda dovrà valutare formule e tipologie pubblicitarie differenti: oggi le possibilità sono aumentate così come i canali di comunicazione su cui andare. Anche i social diventano un buon canale pubblicitario, se si sa come approcciarli e si usano le tecniche giuste. Potresti entrare in contatto con testate giornalistiche online, blogger, degustatori e far parlare del tuo vino, oppure puntare su media più tradizionali come la carta stampata, attraverso articoli redazionali sulle principali testate locali.

Non si può dire a priori quale sia il canale migliore per la tua azienda vinicola: anche guardando all’interno del vasto mondo dei social network le scelte possono essere diverse e da valutare in funzione del rapporto costi/ricavi. Intanto pensa a cosa vuoi comunicare, destina un budget per farlo e poi analizza quale canale sia migliore per la tua realtà: so che è un lavoro difficile, ma è necessario per non affogare nel grande mare dell’anonimato.

 

Le idee possono essere tante: adesso è il momento di tirare fuori l’inventiva. Spero che queste idee possano esserti di aiuto. Sicuramente non sono un vangelo da seguire, ma solo un mio personale contributo.

 

di MORRIS LAZZONI

VinoperPassione

Il vino è semplice da capire, basta avere passione

15 Maggio 2020. © Riproduzione riservata