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Che la Toscana sia stata una delle culle della civiltà etrusca, è risaputo. Un pò meno, invece, che nell’entroterra della provincia pisana anticamente ci fosse il mare. Gli Etruschi hanno lasciato un patrimonio archeologico inestimabile, da cui ancora oggi traiamo vantaggio grazie a reperti, manufatti, sculture e monumenti. Altresì succede con l’antico passaggio delle acque marine nelle zone che oggi sono comprese nella provincia di Pisa: Usigliano, San Miniato, Terricciola, Peccioli ed altre. Qua il mare ha lasciato una quantità impressionante di fossili e conchiglie, molte più di quanto se ne possa trovare nelle spiagge della riviera toscana. Ecco quindi il connubio perfetto: una mattina decido di fare una visita a Usiglian del Vescovo e, dopo poco, mi trovo all’interno di un’antica cantina etrusca, scavata nella sabbia, sul cui soffitto rinvengo dei fossili. Ho suscitato curiosità?

Decido di fare un giro nelle Terre di Pisa e chiedo aiuto all’amica, nonché Direttrice del Consorzio, Claudia Marinelli per avere un supporto nella presentazione alle cantine ed alla fine decide pure lei di accompagnarmi in giro per il territorio. Partiamo proprio da Usiglian del Vescovo e dal racconto di storia ed origini per bocca di Elena Nuti, addetta all’ospitalità della cantina pisana. Le ancora miti temperature del mattino permettevano un giro in vigna e decidiamo di partire da uno dei vigneti antistanti la cantina di produzione, incamminandoci attraverso la strada pubblica che passa all’interno della proprietà.

Elena apre le danze del racconto partendo dalla novità della gestione di vigna, la viticoltura biologica. L’azienda ha iniziato nel 2017 il processo di conversione, che per legge dura 3 anni, da cui si produrrà la definitiva certificazione biologica con i vini dell’annata 2020. Subito dopo però il filo del discorso prosegue con le origine del terreno, con il mare come principale soggetto della scena, oltre al contributo culturale ed artistico portato dalla civiltà etrusca.

Mare, sabbia e fossili nei terreni di Usiglian del Vescovo sono di casa

Elena parla delle origini sabbiose della terra su cui pongono le radici le vigne di Usiglian del Vescovo ed io, curioso come non mai, indirizzo lo sguardo verso i miei piedi. Non servono pala e piccone per rendersi conto della natura geologica del terreno: con una mano si può spostare lo strato sabbioso e comprendere quanto sia radicato in queste zone il legame vigna/sabbia. Si crede che nel periodo del Pliocene sia accaduto un fenomeno di spostamento delle acque del Mediterraneo. Si crede ad opera di un disgelo post glaciazione, il cui moto, dopo una repentina ripresa del livello marino, ha spinto la sabbia costiera nell’entroterra generando l’abbondanza di sedimenti che oggi possiamo rinvenire.

La tesi sembra avvalorata anche dal fatto che in alcune vallate limitrofe non si trovi una tale ricchezza di sabbia, facendo pensare che lo spostamento abbia favorito e toccato alcune di esse piuttosto che altre. Esiste anche una strada, passante in mezzo ai vigneti di Usiglian del Vescovo e che rimembra l’ampia presenza di fossili: è via delle Nicchie, termine prettamente toscano con cui vengono chiamati fossili e conchiglie.

L'antica cantina etrusca di Usiglian del Vescovo

La parte più emozionante doveva ancora arrivare e, affinché si seguisse un giusto excursus temporale nell’impatto scenico, Elena ha deciso di mostrarcela dopo aver passato un pò di tempo in mezzo ai vigneti. Parlo dell’antica cantina di origine etrusca e medievale, oggi valorizzata e tenuta ad arte, che riuscirebbe a lasciar a bocca aperta chiunque ne varchi la soglia. Spero che il video e le foto che ho scattato all’interno riescano, almeno in parte, a rendere merito alla sua magnifica bellezza!

Sono state rinvenute testimonianze riguardo alla produzione di vino in epoca etrusca, proprio dove oggi sorge la proprietà di Usiglian del Vescovo, e non c’è da meravigliarsi del fatto che, dove anticamente gli Etruschi decisero di edificare, ancora oggi sono presenti sorgenti di acqua produttive. Forse dovremmo sempre più ricordarci

Sono entrato nelle vecchie cantine di Usiglian del Vescovo: spettacolo allo stato puro!

Passaggio dalla cantina etrusca e poi direttamente in sala degustazione

Scorgere sul soffitto di questi ambienti fossili e conchiglie, lascia sicuramente senza fiato. Inizialmente è un pensiero che va contro gli assunti della fisica e della logica: siamo abituati a vedere i fossili ai nostri piedi od incastonati in alcune rocce, ma difficilmente ci si aspetterebbe di rinvenirli alzando lo sguardo verso l’alto.

Passiamo attraverso una scalinata dal percorso e dall’atmosfera affascinanti, approdando all’interno di una sala, oggi utilizzata per le bottiglie di metodo classico in sosta sulle pupitre, da cui ci si ricongiunge alla stanza di affinamento dei vini ed alla villa storica. Il passaggio attraverso questi ambienti riempie l’animo a livello emotivo, poiché si entra dentro un vero e proprio pezzo di storia del luogo, per giunta ancora ben conservato. Fino agli anni 50 questi ambienti erano usati come ambienti di stoccaggio, date anche le basse temperature che favorivano anche la conservazione delle derrate alimentari. Fu solo nel 2003 che si decise di procedere con la pavimentazione ed il conseguente utilizzo come ambienti visitabili a tutti i turisti di passaggio da Usiglian del Vescovo.

Batteria di vini di Usiglian del Vescovo in degustazione

È arrivato il momento di mettersi a sedere per la degustazione dei vini che, prima di oggi, conoscevo in modo abbastanza marginale. I vigneti vitati si estendono per circa 20 ettari, tutti coltivati a cordone speronato e con una densità di 5000 piante per ettaro. I vitigni sono perlopiù internazionali, con il solo Sangiovese a reggere la bandiera dell’autoctono toscano: Viognier, Chardonnay, Cabernet Sauvignon, Merlot, Syrah e Petit Verdot.

Sono diversi i contenitori usati per l’affinamento dei vini: spaziano dall’acciaio, a legni di varie dimensioni, dal cemento fino al cocciopesto. Ogni vino segue ovviamente un percorso di affinamento diverso, con la novità del cocciopesto in cui affina metà della massa di vino dedicata al MilleEsettantotto. Scriverò dei vini che mi hanno colpito maggiormente, nonostante ognuno di essi fosse comunque valido a livello qualitativo.

Il Ginestraio 2021: Chardonnay e Viognier con affinamento misto tra botte e acciaio. Pesca gialla, bergamotto e banana oltre a leggere note burrose e vanigliate dentro contorni maturi e dolci, oltre a tocchi speziati da cannella e da nocciola tostata. Al palato prevalgono agrumi, con la bocca che resta citrina e salivante pur con pienezza e rotondità di gusto. C’è corpo, finale leggermente fumè, salinità e buona persistenza. Vino da carni bianche arrosto.

MilleEsettantotto 2018: Chardonnay e Viognier macerati sulle bucce, affinati per metà in botte e metà in cocciopesto. Solito uvaggio ma differente già dal colore, più dorato e profondo come gamma cromatica. Ha note eteree, arancia ed ananas essiccati, canditi, note burrose, tabacco biondo e cipria. In bocca è ampio, leggermente grasso, ha buona struttura ma non perde agilità nel sorso e freschezza. Alterna sentori di frutti tropicali e ricordo di burro di arachidi a sfumature saline, iodate. Buona persistenza nel finale.

Gamma vini di Usiglian del Vescovo in degustazione

Ho scelto di raccontare due rossi di Usiglian del Vescovo

Il Barbiglione 2015: 75% Syrah, poi Cabernet Sauvignon e Merlot con affinamento misto tra barrique e tonneau. Si presenta subito come un vino figlio di un’evoluzione importante. Frutti neri in confettura, spezie a non finire, erbaceo secco, tabacco bruciato, cioccolato, humus e polvere di caffè. Non si può dire che non abbia complessità olfattiva e, nonostante un’ampia gamma di profumi, resta intatto e mai eccessivo. Ha balsamicità al naso e dense note di liquirizia. Ancora ben salivante al palato, vivido e comunque di struttura. Frutti polposi, ricordi speziati leggermente piccanti, tannino fitto e mai sgradevole nella forza, oltre a gusto e struttura degne di nota. Mai seduto in bocca e ben dinamico nonostante la complessità.

MilleEottantatre 2013: Petit Verdot in purezza con lungo affinamento in tonneau. Il Petit Verdot è una delle uve più difficili con cui realizzare un vino in purezza, eppure il 1083 ( scritto così per comodità…) è un vino di carattere, ancora in evoluzione ma ben riuscito. Frutti neri in confettura al naso, china, sbuffi balsamici da mentolo, liquirizia, cioccolato, tabacco da pipa, salamoia di olive, pepe nero. Olfatto importante, deciso e caratterizzante. Al palato continua a dimostrare la propria stoffa arrivando carnoso, meno contratto al gusto di quanto fatto sentire al naso. Ha salivazione, acidità che stempera la dimensione materica del frutto, riportando i soliti sapori sentiti prima. Solo il tannino è scontroso, fitto e forse un pò troppo presente. Vino importante che necessita di essere preso sul serio.

Continua il mio racconto delle Terre di Pisa

La tappa a Usiglian del Vescovo è stata solo la prima della giornata passata nelle Terre di Pisa in compagnia di Claudia Marinelli. Proseguirò il mio racconto di altre due cantine ( Tenuta di Ghizzano e Castelvecchio ) nei prossimi articoli. Quindi non resta che aspettare la loro uscita: anche in quel caso ci saranno belle cose da raccontare!

di MORRIS LAZZONI

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Il vino è semplice da capire, basta avere passione

14 Giugno 2022. © Riproduzione riservata